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CONTRATTI DI LOCAZIONE ABITATIVI

L’art.1571 c.c. disciplina il contratto di locazione come “il contratto col quale una parte (locatore) si obbliga a far godere all’altra (conduttore) una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”. Si tratta di un contratto di tipo consensuale, in quanto per perfezionarlo è requisito sufficiente l’accordo delle parti in forma scritta, richiesta a pena di nullità (art.1 n.4 legge 431/98), e a prestazioni corrispettive, non a titolo oneroso.

 

I soggetti

Le parti contraenti sono:

  • il locatore, il soggetto che concede l’immobile in locazione, che solitamente risulta essere il proprietario del bene o colui che gode di diritti reali sulla cosa (ad esempio usufrutto, enfiteusi o lo stesso conduttore con diritto di sublocazione); non può essere locatore il titolare di diritti di uso o abitazione (ex art.1024 c.c.);
  • il locatario o conduttore, il soggetto a cui viene concesso in locazione l’immobile, che diviene con il contratto in essere titolare di un diritto personale di godimento e quindi mero detentore del bene.

 

La durata

Il contratto di locazione è disciplinato dagli artt.1573 e 1574 c.c. che stabiliscono i limiti di durata a seconda della tipologia di contratto e fissano come durata massima quella di 30 anni, per cui se stipulato per un periodo più lungo viene ridotto al termine suddetto. Se presente nel contratto una clausola che prevede una durata inferiore a quella legale, essa risulta nulla, con automatica eterointegrazione del contratto (art.1419 c.c.).

 

Le tipologie di contratto

Tra le tipologie di contratto abitativo troviamo:

  • Locazione a canone libero, durata 4+4 anni;
  • Locazione a canone concordato, durata 3+2 anni;
  • Locazione di immobili per esigenze transitorie, durata 1-18 mesi non rinnovabile alla scadenza;
  • Locazione di immobili per studenti universitari che risiedono in un comune diverso da quello in cui svolgono il corso di laurea, durata 6 mesi – 3 anni non rinnovabile alla scadenza.

Il canone viene distinto in:

  • Canone libero: le parti possono decidere autonomamente l’importo del canone, conviene al conduttore che prevede di affittare l’immobile per molto tempo;
  • Canone concordato o agevolato: stabilito entro limiti minimi e massimi definiti dagli accordi territoriali conclusi tra le associazioni rappresentative delle categorie della proprietà edilizia e dei conduttori. Rappresenta la forma più utilizzata in quanto le agevolazioni fiscali riguardano sia il locatore sia il conduttore. Tra le principali troviamo: l’aliquota fissa del 10% invece che del 21%; il reddito imponibile ridotto del 30%; la tassa IMU più bassa del 25%; la base imponibile per l’imposta di registro è del 30%, per i comuni ad alta densità abitativa; l’imposta di registro è del 1,4% annuo sul canone invece del 2%.

 

Cedolare secca

La cedolare secca è stata introdotta dall’art.3 del D.Lgs. del 14.03.2011 n.23, che prevede un regime opzionale di imposizione sostituiva sul reddito derivante dai contratti di locazione di immobili abitativi.

La cedolare secca è anche chiamata “flat tax” (tassa piatta) in quanto va a sostituire:

  • L’IRPEF;
  • Le addizionali regionali e comunali all’IRPEF;
  • Le imposte di registro e di bollo relativamente al contratto stipulato;
  • L’imposta di registro che potrebbe essere dovuta sulla proroga e sulla risoluzione del contratto.

In merito a quanto sopra menzionato i canoni tassati con la cedolare secca sono esclusi dal reddito complessivo e non rilevano ai fini della progressività delle aliquote IRPEF, come stabilito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare del 01.06.2011 n.26.

Il requisito di applicabilità della cedolare secca è la titolarità di IRPEF, il locatore quindi può essere solo la persona fisica e risultano essere escluse le società, le persone fisiche che ne fanno parte possono però esercitarla.

 

Cedolare secca: conviene sempre?

Alla luce dei vantaggi che derivano dall’utilizzo di questa opzione sorge quindi spontanea la domanda sulla sua convenienza. La risposta a questa domanda non è stata in discussione per lunghi periodi di tempo, ma considerando la recente situazione economica e soprattutto l’alta inflazione la risposta non appare più così scontata.

In caso di inflazione bassa, al locatore conviene sempre aderire a questa opzione così da pagare la cedolare al 21% o al 10%; alla luce della situazione odierna invece, con l’inflazione che segna +8,4% su base annua rispetto all’anno precedente, è obbligatorio fare una valutazione ad personam.

 

Fonti:
  • Art.1024, 1419, 1571, 1573, 1574 Codice Civile;
  • Art.1 n.4 legge 431/98;
  • Art.3 del D.Lgs. del 14.03.2011 n.23;
  • Circolare Agenzia delle Entrate del 01.06.2011 n.26;
  • Cedolare secca, conti da aggiornare con l’inflazione _ NT+ Fisco
  • Locazione _ Guide Eutekne
  • Cedolare secca _ Guide Eutekne