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LA DISCIPLINA DELLA NEGOZIAZIONE ASSISTITA NELLE CONTROVERSIE DI LAVORO

La Legge di Bilancio 2023 sostituisce integralmente l’art. 35 del D.lgs. 149/2022 (noto come Riforma Cartabia) rubricato “Disciplina Transitoria”, anticipando gli effetti della entrata in vigore della riforma.

In particolare, viene anticipata la generale operatività della Riforma Cartabia al 28 febbraio 2023 (rispetto all’originaria previsione del 30 giugno 2023).

La predetta modifica ha interessato, tra le altre disposizioni, anche l’eliminazione del c.d. doppio binario del processo Fornero nonché la possibilità di accedere alla negoziazione assistita nelle controversie di lavoro tramite l’assistenza di legali. Ma vediamole nel dettaglio.

In primo luogo, la Riforma Cartabia, inserendo l’articolo 2-ter al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, introduce la negoziazione assistita nelle controversie di lavoro di cui all’articolo 409 cod. proc. civ.

Nello specifico, la norma prevede la possibilità per le parti (datore di lavoro/committente e lavoratore/collaboratore) di ricorrere alla negoziazione assistita, tramite l’aiuto di un avvocato o di un consulente del lavoro.

Si precisa che la negoziazione assistita in ambito lavorativo è facoltativa e, pertanto, non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Altra importante novità è che l’accordo raggiunto tra le parti con la negoziazione assistita è equiparato ad una conciliazione in cd. “sede protetta” (ai sensi dell’art. 2113, quarto comma, del codice civile) e, come tale, rappresenta un titolo esecutivo. L’accordo, infatti, dovrà essere trasmesso, a cura di una delle due parti, ad una Commissione di Certificazione entro i dieci giorni successivi dalla sottoscrizione.

A differenza di altri strumenti di conciliazione delle controversie di lavoro, la negoziazione assistita contempla una vera e propria procedura articolata anche per fasi di pre-trial discovery, finalizzata al raggiungimento di una definizione bonaria della lite

Inizialmente tale disposizione sarebbe, dunque, stata efficace solo a partire dal prossimo 30 giugno 2023, mentre, come anticipato, la Legge di Bilancio 2023 ne anticipa l’entrata in vigore al 28 febbraio 2023.

Per mezzo della scrittura di cui trattasi, le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo. Gli elementi necessari di tale negozio bi/plurilaterale – a contenuto non necessariamente patrimoniale – sono dettati all’art. 2, D.L. 132/2014.

Ai sensi del predetto articolo, tale negozio deve necessariamente:

(a) contenere il termine per l’espletamento della procedura, in ogni caso compreso fra 1 e 3 mesi, prorogabile per ulteriori 30 giorni su accordo tra le parti;

(b) riportare l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili;

(c) contenere la sottoscrizione delle parti e dei rispettivi difensori per autentica;

(d) essere redatta in forma scritta a pena di nullità.

(e) salvo diverso accordo, utilizzare il modello elaborato dal Consiglio Nazionale Forense.

Vengono altresì indicati dalla novella normativa anche elementi accidentali della convenzione di negoziazione assistila, che potrà facoltativamente contenere:

– la possibilità di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia;

– la possibilità di acquisire dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e   favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste;

– la possibilità di svolgere la negoziazione con modalità telematiche;

– la possibilità di svolgere gli incontri con collegamenti audiovisivi a distanza

Dal momento della sottoscrizione della convenzione ha inizio il procedimento di ADR e decorre il termine per l’esperimento della medesima. Le parti – ferme le pattuizioni convenute nella convenzione – sono libere di dare impulso al procedimento determinandone con lealtà e buona fede i tempi e le modalità di esecuzione, le quali potranno essere anche telematiche.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, introduce, inoltre, il nuovo capo I-bis al libro II, titolo IV, del Codice di procedura civile, rubricato «Delle controversie relative ai licenziamenti», dedicato alle liti riguardanti i licenziamenti nelle quali venga proposta domanda di reintegrazione.

Contestualmente, la novella abroga dal 28 febbraio 2023 i commi da 47 a 69 dell’art. 1 della legge 92/2012, introdotti dalla riforma del 2012, che assicuravano una speciale tutela processuale per le cause in materia di licenziamenti.

Senonché, già dopo soli tre anni dalla sua entrata in vigore, la portata applicativa di tale procedimento veniva fortemente ridimensionata, atteso che il legislatore del 2015, nel disciplinare il contratto a tutele crescenti, aveva disposto che i licenziamenti dei lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015 non sarebbero stati assoggettati a tale rito speciale, bensì al processo ordinario del lavoro.

Ne era quindi scaturita una discrasia normativa che prevedeva due discipline processuali distinte, la cui scelta applicativa era determinata dal solo elemento formale della data di assunzione del lavoratore interessato. E allora non è un caso che con l’ultima riforma di cui si viene ora a dire, il legislatore delegato sia intervenuto per il superamento del sistema cd. a doppio binario e la previsione di un unico rito per le controversie in materia di licenziamenti.

A partire dal 1° marzo 2023, dunque, i procedimenti relativi ai licenziamenti dovranno essere tutti instaurati secondo il rito ordinario del lavoro.

 

Il “nuovo” processo ordinario

Andando nel dettaglio, il nuovo art. 441-bis c.p.c. stabilisce che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti sono assoggettate alle norme degli artt. 409 ss. c.p.c., con conseguente soppressione del procedimento speciale ex legge 92/2012. In tal modo viene contemplato un rito modellato su previsioni generali unitarie, pur con le peculiarità che governano le domande di reintegrazione nel posto di lavoro. La domanda avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento si deve proporre quindi con ricorso corredato di tutti gli elementi previsti dall’art. 414 c.p.c., con indicazione, pertanto, anche dei mezzi di prova di cui il lavoratore intende avvalersi.

 

Il ricorso introduttivo

Quanto alle modalità di instaurazione del giudizio, la domanda avente ad oggetto l’impugnativa di licenziamento viene proposta mediante deposito del ricorso ex art. 414 c.p.c., unitamente ai documenti in esso indicati, presso la cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro competente per territorio ai sensi dell’art. 413 c.p.c. A riguardo è opportuno precisare che la Riforma in commento ha reso strutturale l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali e dei documenti, ivi compresi quelli relativi all’atto introduttivo e all’atto costitutivo.

 

Fonte:

IL SOLE 24 ORE – Sistema Frizzera